Riconoscere e gestire il burnout: la sfida nelle professioni di cura

a cura di Maristella Mangone 

“Fai quello che puoi, con quello che hai nel posto in cui sei”

T. Roosvelt

Cortocircuito, decadimento psicofisico, iperattività, solitudine, senso di impotenza ed esaurimento motivazionale, queste le parole chiave del burnout, quel particolare tipo di stress legato ai lavori di “cura”, lavori dove il primo strumento di lavoro è il lavoratore stesso col suo cuore e la sua mente.

Si perché essere operatori sanitari significa lavorare anche col proprio mondo interno, incontrare la sofferenza dell’altro e le sue difficoltà, mettersi in discussione accogliendo sempre nuove sfide, vivere contesti lavorativi complessi. Può accadere che la mole di lavoro vada oltre le reali risorse ed energie che si possono investire, che arrivino richieste improprie o che il contesto lavorativo non fornisca i giusti strumenti per svolgere delle mansioni, che vi sia uno squilibrio nei ruoli e nel potere decisionale, che si sia ripetutamente esposti ad esperienze emotivamente intense e così via. Prende piede allora sempre con più forza l’idea che sia fondamentale prendersi cura di chi cura!

Come garanti della salute dell’altro dobbiamo allora prenderci in primis cura di noi stessi per svolgere al meglio il nostro lavoro, fermandoci ogni tanto, osservandoci, riorganizzando le energie se percepite come scarse rispetto alle richieste. È utile farsi un checkup, sostare, tirare le somme e lavorare su ciò che possiamo controllare davvero: noi stessi. Si può partire da semplici domande:

 

 “Come sto? In quali situazioni ho sentito di non avere più energie? Quando ho provato sentimenti negativi e mi sono distaccato dagli utenti? Mi capita di giudicare negativamente il mio lavoro sentendomi inadeguato e con scarse competenze? Come gestisco di solito le difficoltà sul lavoro?”

 Queste semplici domande possono aiutarti a nominare il tuo malessere, a vederlo e ad indagare le tre aree che definiscono il burnout secondo Maslach: l’esaurimento emotivo, la depersonalizzazione e la mancanza di realizzazione personale.

 

Ma quali sono i segnali del burnout? All’inizio potrebbe esserci addirittura un aumento delle attività, in maniera stacanovista si tende a spostare l’attenzione sul fare per evitare di fare i conti col proprio disagio. Vi è poi una progressiva riduzione dell’impegno verso l’utenza, verso il lavoro, verso i colleghi; si verificano reazioni di colpevolizzazione con stati di depressione e aggressività; c’è un declino dell’efficienza cognitiva, della motivazione, della creatività e un appiattimento della vita emotiva e sociale; compaiono reazioni psicosomatiche come disturbi del sonno, irritabilità, disturbi respiratori, cefalea, ipertensione, si può ricorrere al consumo di sostanze.

Il burnout è dato dall’incontro di variabili ambientali e lavorative e di caratteristiche di personalità, temperamento e storia di vita legate all’idea di sé, alle aspettative, al livello di motivazione e alla fase specifica del ciclo di vita. La bomba finale è data quindi dal modo in cui il nostro equipaggiamento emotivo e cognitivo viene attivato dalle sfide lavorative e contestuali e da come ci adattiamo trovando nei limiti nuove risorse.

Ritorna dunque l’importanza di accendere i riflettori su di sè, ricordando che gli eventi e le difficoltà influiscono ma non incidono, siamo noi ad avere il potere di creare dei confini e trovare modalità affinché questo tipo di stress non inquini la nostra forza vitale.

La persona che in maniera più plastica e flessibile riesce a far fronte alle condizioni di stress attraverso strategie resilienti, creando confini protettivi e sostenendo una efficace stima di sé, saprà trarre dalle situazioni sempre qualche elemento utile per rinnovare la motivazione personale. Non esistono indicazioni precise ed universali, ma può essere utile tenere a mente quattro punti da cui partire per poi costruire le tue personali e utili strategie.

  • Sposta il focus su ciò che davvero puoi controllare, ovvero te stesso. Spesso ci si cristallizza nel lamento e nell’attesa che le cose migliorino, che quel contesto cambi, che ci sia un’organizzazione migliore, che si abbia un nuovo ruolo…. questo non fa che accrescere le aspettative e lasciare in una condizione di continua delusione. L’obiettivo piuttosto dovrebbe essere quello di investire energie psichiche su se stessi, su come attrezzarsi per gestire le difficoltà, su come ricaricarsi e ritrovare motivazione nel qui ed ora. 

“Fai quello che puoi, con quello che hai nel posto in cui sei” (Roosevelt)

Questa frase dovrebbe aiutarti a ricordare che piuttosto che guardare a ciò che manca, a ciò che non è come l’avevi immaginato dovresti osservare quello che hai e capire come sfruttarlo al meglio.

  • Coltiva l’ottimismo, ovvero nuove modalità di leggere gli eventi. Essere ottimisti significa poter vedere tutto il bicchiere anche nella sua parte vuota e nonostante ciò decidere di osservare un’opportunità nella metà piena. Si tratta di un assetto mentale di fiducia nelle proprie capacità di poter cambiare le cose. 

  • Riconnettiti con i valori importanti per te nella professione, rispolvera la tua vocazione, trova risposta  a quella domanda che risuona dentro di te “ma chi me lo fa fare?” e non permettere che ti faccia dimenticare il motivo per cui hai scelto questo lavoro, che ti distolga dalla premura per il paziente e che ti faccia perdere l’entusiasmo con cui hai iniziato il tuo lavoro.

  • Costruisci la tua rete di sicurezza e protezione, ritagliati uno spazio di condivisione e confronto con chi si trova nella tua stessa situazione per mettere insieme le forze, ma anche con chi è esterno per osservare dinamiche del tuo lavoro che dall’interno non cogli scoprendo in che modo ti influenzano. Dedica del tempo a familiari ed amici e aiutali a comprenderti per poterti stare vicino. Non permettere che il lavoro monopolizzi la tua vita ritagliati del tempo per attività che ti ricaricano. Infine se necessario valuta sempre la possibilità di prenderti cura del tuo benessere rivolgendoti ad un professionista della salute mentale.