Confessioni di una mamma terapista

a cura di Sabrina Verzelletti

“Il paradosso della maternità: diventare, allo stesso tempo, più forti e più fragili. Per poter sostenere e proteggere senza dare mai l’illusione di essere infallibili”

Carla Q. Corsi

Anni di studio, esami, tirocini, pratica professionale, abilitazione e poi eccolo finalmente il tanto atteso mondo del lavoro! Un po’ di gavetta, giusto il tempo di capire come funziona la libera professione e mi sono trovata ad ammobiliare il mio studio dei sogni. Il giro di pazienti si faceva più ampio e il passaparola ingranava. Ormai mi destreggiavo lungo una giornata di quarantotto ore, con l’agenda fitta e un sacco di progetti.

Giusto il tempo di vivere così qualche annetto e cosa succede? Inizia a farsi strada il desiderio di.. maternità! Ecco l’ennesimo bisogno di cambiare, di EVOLVERE!

Ma come si concilia il desiderio di allargare la famiglia con una vita lavorativa basata unicamente sulla propria presenza e capacità?

Il mio viaggio verso la maternità è probabilmente iniziato ben prima che il desiderio di diventare mamma si facesse spazio. Sono una psicologa e mi sono da subito identificata col mio lavoro facendone una seconda pelle: essere una libera professionista significa vivere una vita costantemente rivolta ai progetti, alle collaborazioni, alla formazione e a tutto ciò che serve per far crescere un’attività. E così è stato anche per me: posso dire di essere stata per molto tempo una psicologa tutto casa-e-lavoro, con un’agenda troppo fitta e una routine frenetica in cui anche la maternità probabilmente rischiava di essere un punto di una to do list.

Sono sincera: mentirei se dicessi di non averlo programmato; ho aspettato quello che per me doveva essere il famoso “momento giusto”. C’è chi dice che per diventare genitori non si debba aspettare il “momento giusto”, perché di fatto questo non esisterebbe. A mio avviso invece, il momento giusto c’è eccome, ma è per ciascuno diverso e ha a che fare con la nostra storia, le nostre premesse e soprattutto con le nostre più grandi paure.

La sera in cui ho scoperto di essere incinta sono stata invasa dalle emozioni più inaspettate del mondo. Avevo tanto desiderato questa gravidanza, ma in un angolo recondito mi sentivo un po’ abbattuta; ero divisa a metà tra la gioia di affrontare uno dei percorsi più incredibili e il turbamento di quando si rompe qualcosa di irreparabile: come sarebbe stata la mia vita da lì in avanti?

La mente quando è sotto shock è in grado di comportarsi in modo del tutto disfunzionale: iniziavano a palesarsi tutte le cose che non avevo ancora fatto o che probabilmente non avrei più potuto fare. E indovinate dove sono caduti principalmente i miei pensieri? Ma sul lavoro, ovviamente! Eccone alcuni: “Non voglio smettere di lavorare”, “Poi non mi ricorderò più come si fa terapia”, “Ecco, dopo tanto sforzo dovrò ricominciare tutto da capo”. “Non tornerò mai più lo spirito libero di prima”.

La verità è a che a guidare le mie emozioni e i miei pensieri in quel momento erano proprio le mie paure! Paure che assomigliavano tanto a quella parte di me che era sempre stata poco capace di scindere la vita privata dal lavoro e che ora rischiavano di offuscare la gioia del momento.

Tuttavia, le emozioni positive hanno gradualmente preso il sopravvento su quasi tutto: non pensavo che sarei riuscita così velocemente a rivedere la mia scala dei valori e delle priorità e sono stata contenta di scoprimi capace di ridimensionare, almeno momentaneamente, il ruolo del lavoro nella mia vita: ogni tanto penso che il mio bimbo sia arrivato anche con questo scopo, nel momento in cui probabilmente ne avevo più bisogno.

Col senno di poi posso dire che i nove mesi della gravidanza sono stati un vero e proprio percorso di frammentazione e rivoluzione personale.

Oggi Alberto ha tre mesi e questo grande viaggio appena cominciato mi ha già insegnato molte cose, prima tra tutte l’importanza di vivere lentamente. Spesso trascorro ore sul divano con lui tra le braccia, senza muovermi per non svegliarlo e sì, ci sono ancora dei giorni dove questa lentezza mi pesa e il mio cervello la scambia in automatico per immobilità o improduttività, ma piano piano cerco di imparare a vivere a piccoli passi e rispettare l’importanza del tempo che scorre.

Da “evento da organizzare” ho imparato che la maternità è tutto l’opposto, ovvero un grande stravolgimento, uno tsunami dal quale esci diversa, con nuovi occhi e probabilmente altre priorità, ma soprattutto è un viaggio nel quale le carte in tavola vengono rimescolate quotidianamente ed è bene accettare l’impossibilità di mantenere il controllo su tutto.

Quali consigli darei alle terapiste future mamme per affrontare al meglio questo viaggio?

– Informati sulle condizioni del tuo ente previdenziale e su come fare richiesta di indennità di maternità (le psicologhe ad esempio possono usufruire di una quota cospicua che copre visite ed esami effettuati

anche privatamente durante la gravidanza!); informati anche sui vari bonus previsti dallo stato per le neo-mamme e le famiglie.

– Se possibile scegli una persona capace e fidata che possa sostituirti sui tuoi casi (concorda bene modalità e una percentuale per te idonea); informa i pazienti con anticipo; non aspettare che la tua pancia sia inequivocabile per sorprenderli, ma avvisali e rassicurali sul fatto che non rimarranno scoperti;

– In base alla tua indole e alle tue esigenze decidi se fermarti dal lavoro appena prima del parto o se hai bisogno di prenderti un po’ più di tempo: io ho preferito lavorare fino all’ultimo minuto e fermarmi più mesi del previsto dopo la nascita del mio bambino, ma per qualcuna potrebbe essere utile riposare e prendersi del tempo unicamente per sé e per la coppia prima dell’arrivo di questo bellissimo tsunami.

Scegli se, come e in quale modalità restare connessa al tuo lavoro durante il periodo di “congedo”. Per qualcuna potrebbe essere gratificante rimanere aggiornata sui casi o lavorare sin da subito qualche oretta, ma per altre potrebbe essere molto stressante mantenere il piede in due scarpe e in questo caso è preferibile uno stop totale

Non progettare di studiare, seguire corsi online e aggiornarti quando sarà nato il bambino: è vero, siamo a casa dal lavoro, ma ritagliarsi del tempo utile per fare cose che richiedono una grande dose di concentrazione potrebbe essere molto difficile, almeno per i primi mesi dopo la nascita

– Organizza, progetta e immagina, se questo ti fa stare bene. Dopo di che però, sii consapevole che questo a breve, probabilmente, non avrà più così tanta importanza!

Dicono sempre che anche una mamma nasce col suo bimbo.

Io aggiungo che con loro nasce anche una nuova terapista con una diversa consapevolezza da infilare tra le pagine di quell’agenda agenda rimasta bianca più di quanto si sarebbe mai aspettata!